mercoledì 10 luglio 2013

1. IL GENIO DELLA PERVERSIONE

Uomini a perdita di fiato


















A Perdita di fiato è un “rocambolesco” racconto di Edgar Poe; dinamica superiore di elementi subconsci illuminati; parabola nella quale inizio e fine coincidono – a significare stranamente che nessuna evoluzione è avvenuta, nessuna soluzione presente è intercorsa nella vicenda narrata, se non appunto quella “profetizzata” all'inizio. Varia il tempo, mutan le cose e gli accadimenti... quel che ne resta è invece l'essenziale! Da cogliere subito! Tre righe … per un inizio ed una fine.

Anche la sorte più ostinatamente avversa deve, alla fine, cedere di fronte all'irriducibile coraggio della filosofia, come la più inespugnabile fortezza davanti alla vigilanza ininterrotta del nemico (Poe, A perdita di fiato)

Il nemico è dunque alle porte? Se non altro è significativo capire – al di là di una identificazione improbabile – che la sua azione, dichiarata ininterrotta, crea confusione, ammassa congerie di elementi difformi: segni testuali, notizie, impalcature di riflessioni smorte, architetture o categorie di pensiero, altrettante strutture dialogiche che traducono paradossalmente l'impossibilità stessa al dialogo; princìpi e affermazioni univoche si trovano oggi a portata di click.

È come fare un gioco in apparenza semplice, ma in cui non riusciamo a trovare la risposta esatta (Ai Weiwei, Il blog)

Tanto che ridotti ai codici testuali vigenti diveniamo mansueti, e il nostro pensiero rimane senza mordente e privo di una certa auto-nomia. Come agire?... La bulimia indirizza la nostra condotta verso il rutilante consumo di “notiziari”; ed è esattamente quanto suggerisce Poe nel racconto Il Genio della Perversione: “Noi agiamo senza uno scopo comprensibile”, “per la ragione che non dovremmo”. Informazioni sovra informazioni... la perversione, almeno all'inizio, consiste in questo: accettare, inconsapevoli, un'apparente molteplicità di contenuti e forme d'espressione (pubblicità, messaggi ecc.), del resto senza luogo né dimensione. È l'invito al particolare astratto, la seduzione al nulla fissato dal pertugio più stretto che possa esistere: la nostra sola ed unica prospettiva. Che sia per davvero nostra??? Ho seri dubbi. In questo modo traditi dai nostri linguaggi, traditi dalle nostre forme di comunicazione, come mai potremmo essere ridotti?

Immaginatemi dunque, nascosto al sicuro nel mio boudoir privato, spaventoso esempio delle cattive conseguenze dell'irascibilità: vivo, con le caratteristiche di un morto – morto, con tutte le inclinazioni di un vivo – un'anomalia sulla faccia della terra – calmissimo ma senza fiato (Poe, A perdita di fiato)


UNA STRANA IDEA

La mia idea sul nemico non trova ragioni, tanto meno spiegazioni che possano smascherarne i tratti. Il nemico è per questo il Genio della perversione. Esso coltiva i nostri dubbi, storce futuri minimi, azioni minute della nostra vita. Piega la nostra necessità progettata in vista di qualcosa di grande (l'ideale, una filosofia), per immetterla invece nel cortocircuito dell'insensatezza. Il Genio perverso capovolge l'ordine del necessario.
Quella del nostro autore, se l'avete davvero capita, è una tesi spaventosa.
Come potere agire, se la nostra potenziale azione rischia il capovolgimento ad ogni passo? Se il necessario, quel che noi crediamo essere necessario (la politica, le istituzioni ecc.) sbanda in direzione del contingente? Che Genio folle! Assomiglia al potere! È una strana idea questa, che il potere sia una perversione incondizionata di tutto ciò che “è”. Che stranezza inconsueta poi... che si possa leggere sulle righe di un blog censurato il seguente messaggio fantasma:

l potere si manifesta come distruzione dell'ordine psicologico della gente. L'incertezza è la perplessità eterna – qualcosa che non può essere tradotto in parole (Ai Weiwei, Il blog)

Senza parole e senza fiato... Davvero una strana idea!


L'ORRORE

Del resto, se una filosofia vigila, coraggiosa, allora il primo suo indirizzo ci farà ammettere che una crisi interiore sta avvenendo, un fatto epocale della coscienza si mostra: la coscienza stessa non arriva più a ordinare i suoi rapporti col mondo; la sua generazione è contaminata dal dubbio.
L'orrore alla Edgar Poe, di un volto, di uomini perversi e senza respiro, nasce dal consumo e dalla limitazione di spazi di vita reale; da una cultura distratta che deve costantemente obliare se stessa per rendere il nuovo.

L'individuo (a perdita di fiato, n.d.r.) viene così costretto ad accorgersi in modo traumatico che una soddisfazione piena e indolore dei suoi bisogni è impossibile. Dopo l'esperienza di questa delusione, diviene dominante un nuovo principio di funzionamento psichico. Il principio della realtà si sovrappone al principio del piacere: l'uomo impara a rinunciare un piacere momentaneo, incerto e distruttivo, in favore di un piacere soggetto a costrizioni, differito, ma «sicuro» (Marcuse, Eros e civiltà)

Il Genio perverso opera in quel senso lì. Infatti “il nuovo” è oggi un'affare, non ben precisato, che muore, cioè una sfera senza possibilità di gravitare attorno ad un nucleo essenziale. Pensate solamente a tutta la tecnologia para-militare che viene spacciata come ¨connecting people¨?
Del resto occulta allo stesso fruitore che ne fa utilizzo quotidiano, tutta quell'effervescente novità cresce ed occupa il mondo, non ci lascia spazio. Lo spazio – sempre con le parole di Ai Weiwei – “che può essere anche psicologico, perché è in grado di mettere in moto l'immaginazione”.
L'orrore sarà il ridursi stesso del pensiero immagine-creazione, lo sminuire sempre e comunque i nostri slanci creativi votati alla forza di un gesto genuino, personale. Sicché l'identità soffre quando cede alla perversione di non osare più nulla, non tentare, non fare, abiurare e sparire.

La percezione, i pensieri, la volontà e le emozioni, tutto si dissolve completamente non appena il soggetto accetti l'induzione e le suggestioni dell'ipnosi (Ai Weiwei, Il blog)

Eccoci qua! Chiusi dentro nel nostro boudoir, impaccati, allucinati, ermetici; privati di tutto (o quasi) clicchiamo a più non posso, girovagando nel cortiletto mentale. Esso – ve lo dice la filosofia di Poe – è un volto e un corpo mutilato; questo nostro volto, insisto, questo nostro Eros senza respiro.


L'ACCIDENTE

Tant'è, “capitati” in questa condizione, l'uomo prima socievole e aperto, incontra, magari bona fide (in buona fede), il peggio che la vita possa offrire.

L'acquirente mi trasportò nei suoi appartamenti e cominciò immediatamente le operazioni. Avendomi tagliate le orecchie, tuttavia, scoprì dei segni di animazione. Suonò immediatamente il campanello, e mandò a chiamare un farmacista del vicinato, per consultarsi con lui in quell'emergenza. Nel caso che i suoi sospetti riguardo la mia vitalità si fossero dimostrati in ultima analisi fondati, mi praticò nel frattempo un'incisione allo stomaco, e, mi asportò buona parte delle viscere per una dissezione in privato (Poe, A perdita di Fiato)

Poe magico Poe.
Ci racconta di squartamenti, menomazioni e tagli di tutte le membra che, fuor di metafora, diventano “privazioni” o “sottrazioni di sé” – di quell'Intelligenza capace, al confine e all'apice della violenza, di stemperare il dolore per divenire una luminosa rivelazione. Improvvisa e vitale, essa ti inietta nell'arteria silenziosa una tale dose di spontaneità che, gioco forza, ti rende all'apparenza incapace, muto ai discorsi altrui.
Poniamoci la domanda, e con essa prendiamoci tutti un bel respiro. Siamo forse senza vita, quando resi mansueti accettiamo l'idea di possedere informazioni/saperi che forse forse ci posseggono a loro volta e ci riducono? Siamo forse resi senza Intelligenza, perché soffocati da una massa enorme di twittate? Com'è possibile non vedersi alle volte in preda agli orrori di una comunicazione fasulla? Come non vedersi irascibili, compulsivi, votati alla rivendicazione di qualcosa che in verità è fiction? Come non vedersi per quel che si è? Oggi! Perché? Perché adesso accettiamo di essere un misero accidente? Perché! È la domanda della filosofia che resiste alla vigilanza ininterrotta del nemico.
Lo faceva notare, ad esempio, anche Zarathustra. Ai suoi discepoli insegnava, con parole straordinarie, a non essere un prodotto del caso, a non diventare un accidente. “Voi non avete ancora cercato voi stessi: ecco che trovaste me” (Nietzsche).


L'INIZIO È LA FINE

Qui, nell'universo mediatico c'è gran cosa, moltissime possibilità sono date, ma fate attenzione: “ad una cultura distratta che deve costantemente obliare se stessa per rendere il nuovo”.
Per agire davvero occorre una soluzione che forse, come nei racconti di Poe, ci veniva prospettata all'inizio: la fine di tutte le violazioni è nei fatti una indiscriminata ed insindacabile filosofia. Quella filosofia che i grandi autori ci offrono sempre nei loro testi, magistralmente costruiti, perché magister (maestro, o magis: mago) è colui che in sé domina e realizza un mondo perfetto. Un mondo per il quale un vivere possibile non sarà patire. Altrimenti...? L'ironia folle... di nuovo: l'orrore. Ti fanno a pezzi! Per niente!

[…] cadendomi sulla testa, mi fratturò il cranio in un modo al contempo interessante e straordinario (Poe, A perdita di fiato)


UNA FILOSOFIA INDISCRIMINATA

A questo punto dichiaro: che solo il lettore volenteroso di scoprire da sé, tutto quanto qui sia stato omesso, potrà trovare nel racconto dei nostri autori prediletti un finale che presenti aspetti positivi e vitali. Una cosa è pero da ripetere... ve la dico subito!
Guardate al cuore delle storie e al centro di voi stessi; guardate a come i segni, meta-segni o simboli, a come le informazioni si spostano e mutano all'interno di uno o più ambiti; guardate alle relazioni che intessono scenari nella maggior parte nichilistici perché sporcati dalla menzogna. Guardate a come voi, frutto dell'auto-controllo e della coscienza, potete guardare. Ampliate e fecondate la vostra Intelligenza. Non sa di vano!
In questo modo avviene la scoperta! Tautologica ma reale: un nuovo modo di vedere; una lettura più feconda di tutto quanto ci è stato dato. Edgar Poe a questo proposito scrisse una frase epocale. Da cogliere subito! Tre righe … per un inizio ed una fine.

Non so concludere questi particolari riguardanti alcuni singolarissimi frangenti di una vita che fu in ogni suo momento alquanto fortunosa, senza richiamare ancora una volta l'attenzione del lettore sui meriti di quella indiscriminata filosofia che è uno scudo pronto e sicuro contro gli strali di calamità che non possono essere visti, né sentiti, né compresi appieno (Poe, A perdita di fiato)


Guardate – dovete! – l'essenziale.

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